Il mucocele orale è un disturbo comune, benigno e trattabile che può verificarsi nella cavità orale. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta, le cause  e i rimedi per prevenirlo.

COS’E’ IL MUCOCELE ORALE?

Quando si parla di mucocele orale si parla di una piccola escrescenza piena di liquido che si forma nella cavità orale, solitamente sulle labbra o sulle gengive, che appare normalmente come una pallina traslucida o biancastra generalmente indolore.  Può, però, diventare fastidiosa quando si parla o si mastica.

LE CAUSE

Il mucocele orale si può sviluppare a causa di un’ostruzione o di un trauma ai dotti salivari presenti nella bocca, i quali sono responsabili della secrezione della saliva, indispensabile per la lubrificazione e la digestione degli alimenti.

Quando uno di questi dotti viene ostruito o danneggiato, la saliva si accumula al suo interno e si crea una cisti.

Vediamo quali sono le principali cause della mucocele orale:

  1. Traumi diretti alla bocca, come ad esempio mordere ripetutamente le labbra o le guance, o grattare con i denti una zona delicata.
  2. Irritazioni croniche causate da protesi dentali mal adattate o ripetuti sfregamenti contro i tessuti orali.
  3. Blocchi del dotto salivare dovuti ad un ostacolo fisico, come un calcolo salivare o una cicatrice.
SINTOMI

Abbiamo visto che il mucocele orale può presentarsi in diverse forme e dimensioni. I sintomi più comuni per riconoscerlo includono:

  • Presenza di una piccola escrescenza traslucida o biancastra sulla bocca, generalmente sulle labbra o sulle gengive.
  • Sensazione di gonfiore nella zona interessata.
  • Fastidio durante la masticazione o a parlare, soprattutto se la cisti viene schiacciata o irritata.
  • Lieve sanguinamento, sempre se la cisti viene perforata o danneggiata.
TRATTAMENTO E CURE

Il mucocele orale è un problema temporaneo che può risolversi nel corso di alcune settimane o mesi. Nonostante questo, se il mucocele persiste o causa ulteriore disagi, è consigliabile consultare il proprio dentista.

Alcune opzioni di trattamento includono:

  1. Aspirazione o incisione: Se il mucocele è grande o causa fastidio, il dentista può decidere di aspirare il liquido dalla cisti o di praticare un’incisione per rimuoverla. (procedimento generalmente eseguito con anestesia locale);
  2. Laser o crioterapia: Il professionista può decidere di utilizzare un laser o il freddo attraverso la crioterapia per rimuovere il mucocele. Questo tipo di trattamento aiuta a distruggere la cisti e a stimolare la guarigione dei tessuti circostanti;
  3. Rimozione chirurgica: Se il mucocele continua a ricomparire o è di dimensioni considerevoli, il medico può raccomandare una rimozione chirurgica più invasiva. Questo intervento viene eseguito in anestesia locale o generale, a seconda della
PREVENZIONE

Per prevenire la comparsa del mucocele si possono adottare dei piccoli accorgimenti quotidiani: 

  • Evitare di mordere o grattare labbra, guance o lingua, specialmente in situazioni di stress;
  • Proteggere la bocca da traumi o lesioni (ad esempio utilizzando un bite durante l’attività sportiva);
  • Mantenere una corretta igiene orale per evitare l’accumulo di batteri nel cavo orale.

 

 

Come abbiamo visto, il mucocele orale può essere molto fastidioso ma nella maggior parte dei casi è una condizione benigna che scompare nel tempo. Con le giuste precauzioni e cure, esso può essere gestito in modo efficace per ripristinare il benessere orale

Fonte: https://www.zenadent.it/blog/disturbi-dentali/cosa-ce-da-sapere-sul-mucocele-orale-cause-sintomi-e-soluzioni-efficaci

CHE COS’ E’ LA PULPITE?

La pulpite è un’infiammazione della polpa dentale, la parte più interna dei denti che contiene i nervi e i vasi sanguigni. I primi sintomi di questa infiammazione possono essere dolore improvviso ai denti e sensibilità dentale.

A seconda della sua gravità la pulpite può essere reversibile o irreversibile. Vedremo più nel dettaglio gli aspetti legati a questo proposito, partendo dalla consapevolezza che i sintomi possono variare da una leggera sensibilità dentale a un dolore acuto e incessante, oltre al manifestarsi di febbre, ascesso dentale, granulomi e/o cisti.

LE CAUSE PRINCIPALI

La causa più comune della pulpite è la carie dentale ma nonostante questo esistono anche altri fattori che possono provocare questa condizione. La pulpite si verifica quando lo smalto e la dentina, gli strati protettivi dei denti, vengono compromessi, lasciando così la polpa dentaria esposta all’azione dei batteri.

Oltre alla presenza di carie, l’altra causa più comune della pulpite è legata a patologie parodontali trascurate, come ad esempio la parodontite, e sono entrambe riconducibili a una cattiva igiene orale.

Tra gli altri fattori che possono favorirne la comparsa troviamo:

• Erosione dentale dovuta a bruxismo

• Malocclusione dentale

• Fratture dei denti dovute a traumi

• Abrasione dentale dovuta all’utilizzo di prodotti troppo aggressivi per lo smalto

• Trattamenti dentali non eseguiti in maniera rigorosa

La pulpite dentale reversibile rappresenta una leggera infiammazione della polpa dentaria localizzata i cui sintomi principali sono dolore e sensibilità dentale avvertiti in risposta a uno stimolo. In questi casi il dolore cessa non appena lo stimolo viene interrotto.

La pulpite dentale irreversibile, invece, è lo stadio più grave dell’infezione e si caratterizza con un’infiammazione pulpare grave accompagnata da un processo degenerativo che evolve progressivamente in necrosi della polpa dentale. I suoi sintomi principali sono dolore acuto, continuo e pulsante, gonfiore e possibile presenza di pus. Il dolore permane anche dopo che lo stimolo è stato interrotto e in questo caso, l’organismo può andare incontro a complicazioni come ascessi dentali, granulomi e cisti.

I TRATTAMENTI PER CURARE LA PULPITE

Il trattamento della pulpite consiste nel minimizzare il dolore e nel rimuovere la causa responsabile del processo infiammatorio, ma questo dipende dalla sua gravità.

Considerato che la maggior parte delle pulpiti è conseguenza di carie, l’adozione di alcuni semplici accorgimenti alimentari, abbinata alla correzione di uno stile di vita scorretto, può prevenire efficacemente l’insorgere della pulpite.

Come agisce il dentista in caso di pulpite reversibile? La procedura consiste prima di tutto nell’eliminare la causa che ha scatenato il problema e poi ricostruendo la parte del dente danneggiata dalla carie.

Nel caso, invece, di pulpite irreversibile il dentista valuterà se procedere con un trattamento di devitalizzazione o di estrazione del dente.

Fonte: https://www.dentalunit.it/20200019/pulpite-cause,-sintomi-e-rimedi

MEETINGWORKS MAGAZINE – NUMERO 37

E’ online il XXXVII numero gratuito della nostra rivista: “I denti ed il rientro dalle VACANZE”.

Una delle malattie e disturbi che possono interessare i denti è il granuloma dentale, chiamato anche granuloma apicale o periapicale, proprio perché interessa la parte alla radice del dente. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta, quali sono i sintomi e in quali modi si può curare.

COS’E’ IL GRANULOMA DENTALE?

Si tratta di un’infiammazione cronica dell’apice radicale del dente (la parte più vicina alla mascella), causata generalmente da un’invasione batterica che si insidia alla radice dentale e si espande tra i tessuti circostanti fino ad arrivare all’interno del dente.

L’interno del dente, normalmente, viene irrorato dal nervo vitale che difende il dente stesso dalla presenza dei batteri, normalmente sempre presenti in bocca.

Nella sua forma semplice, il granuloma dentale non viene avvertito dal paziente perché asintomatico. Se trascurato però, esso può portare a complicazioni più serie: nei casi più gravi può essere causa di pulpiti e necrosi dei tessuti interessati, soprattutto come conseguenza di una carie non curata o di un dente devitalizzato, proprio perchè i batteri si diffondono in profondità fino a distruggere le cellule della polpa.

COME SI DIFFERENZIANO LE TIPOLOGIE DI GRANULOMA DENTALE?

I. Semplice: è il tipo più diffuso, la zona infiammata – che circonda l’apice fino alla radice – appare di forma rotonda e dimensioni ridotte;

II. Suppurato: si verifica nella fase acuta dell’infiammazione. In questo caso ci può essere anche produzione di pus e presenza di ascesso;

III. Ascessualizzato: si verifica quando il granuloma al dente si cronicizza e si manifesta con un ascesso dentale. Nella maggior parte dei casi, se le condizioni dell’infezione lo permettono, il dente viene devitalizzato.

QUALI SONO I SINTOMI? E LE CAUSE?

La forma più comune di granuloma può manifestarsi senza alcun tipo di sintomo. Quando, invece, è nella fase acuta, il granuloma può presentare i seguenti sintomi:

• mal di denti,

• fastidio che può diventare tormento,

• gonfiore gengivale.

Nei casi più gravi, esso può avere sintomi che coinvolgono le altre parti del volto, come:

• dolore all’occhio,

• mal di testa,

• ingrossamento dei linfonodi del collo.

Le cause che portano alla comparsa del granuloma possono essere diverse, ne elenchiamo alcune:

• carie non curata;

• dente scheggiato o rotto;

• pulpiti (infiammazioni della polpa) non curate;

• necrosi della polpa del dente non trattata;

• estrazione dentale non corretta;

• devitalizzazione non corretta;

• l’uso di materiali non completamente sterili per un intervento di otturazione.

QUAL E’ LA CURA PIU’ IDONEA?

Per curare un granuloma è necessario, prima di tutto, arrivare a una corretta diagnosi identificando la posizione esatta del granuloma e la tipologia (attraverso una radiografia endorale o una panoramica dentale).

 

Vediamo quali sono i diversi tipi di cura contro il granuloma dentale:

I. Devitalizzazione del dente: attraverso questo rimedio viene sterilizzata la radice apicale interessata dal granuloma, con asportazione della polpa: il dente viene pulito dai residui batterici e riempito con del materiale biocompatibile e quindi sigillato con un’otturazione temporanea. Successivamente, per evitare il rischio che il dente devitalizzato possa rompersi o andare incontro a carie, viene ricostruito e incapsulato;

II. Ritrattamento della cura canalare: questo tipo di approccio si adotta nel caso in cui il dente interessato da granuloma sia già stato devitalizzato. Con il passare del tempo in un dente devitalizzato potrebbe sviluppare un granuloma per motivi diversi: la presenza di una radice del dente troppo accentuata e ricurva, oppure per un delta apicale particolarmente diramato. In questo caso, andrà rimosso il vecchio materiale da otturazione e ripulito l’interno del dente prima di riempirlo nuovamente;

III. Apicectomia: ovvero un intervento chirurgico che prevede la rimozione dell’apice del dente. In seguito verrà poi eseguita un’otturazione della radice (se ritenuto idoneo, poiché non è sempre possibile eseguire questo genere di intervento);

IV. Estrazione dentale: questo tipo di intervento si esegue solo nei casi più gravi, come ad esempio nei casi di continue recidive nonostante le terapie intraprese. Questo trattamento è radicale e non reversibile.

 

Ad ogni modo, sarà sempre il medico specialista a stabilire come curare un granuloma nel modo più efficace tenendo conto delle condizioni personali del paziente.

Fonte: https://www.gvmnet.it/patologie/bocca,-denti-e-lingua/granuloma-dentale

Cos’è la nevralgia ai denti? 

La nevralgia ai denti è un’infiammazione del nervo facciale che provoca dolori anche lancinanti a tutta l’arcata dentale. Chi soffre di nevralgia ai denti lamenta dei dolori simili a delle vere e proprie scariche elettriche, che possono durare da pochi secondi fino a qualche minuto. Questi dolori possono presentarsi anche con una cadenza temporale quotidiana, settimanale e/o mensile.

Nella concezione popolare la nevralgia ai denti viene intesa come disturbo vero e proprio dei denti, quando in realtà nella maggior parte dei casi si tratta dell’infiammazione del nervo trigemino (il più voluminoso dei nervi cranici, per intenderci).

Il fastidio che provoca la nevralgia ai denti è tale da presentarsi anche dopo la minima stimolazione della zona, legata all’aria che si respira, al tocco della zona o a ad una qualsiasi bevanda che si assume.

Le cause possono essere diverse, in alcuni casi il dolore è frutto della compressione di un vaso su un nervo, ma non sempre è possibile identificare in maniera univoca le cause che scatenano il dolore.

Nei casi in cui il dolore è continuato o comunque intenso, è fondamentale rivolgersi al proprio medico per fare analizzare la situazione in modo approfondito.

Nei casi in cui il dolore è sopportabile o di entità tale da essere tamponato, invece, si possono seguire una serie di piccole accortezze. I rimedi della nonna possono costituire un aiuto valido per arginare un po’ il dolore nell’attesa di rimetterci in sesto e recarci dal dentista.

I migliori rimedi della nonna contro la nevralgia ai denti

La medicina naturale può portare significativi benefici nella cura della nevralgia ai denti.

I principi attivi naturali che riescono a dare maggiore sollievo sono quelli in grado di ridurre la sensibilità del nervo facciale, così come ridurre la contrazione muscolare ed alleviare stress e dolori.

Il rimedio della nonna più utilizzato è l’erba di San Giovanni o iperico (pianta da fiore della famiglia delle Hypericaceae), che viene utilizzata per calmare i nervi. Il suo principio attivo, l’ipericina, ha attività antidepressive e calmanti del tessuto nervoso in generale.

Bisogna fare attenzione a non assumere l’erba di San Giovanni in associazione ad altri tipi di antidepressivi, però, in quanto si possono manifestare fenomeni di potenziamento dell’azione.

Altro rimedio della nonna efficace è la camomilla, classico rilassante, che in queste situazioni può rivelarsi molto utile, come anche il legno di Betonica che aiuta a disinfiammare la zona e la corteccia di Crampo dalle note proprietà miorilassanti.

Altri rimedi efficaci sono: evitare di prendere freddo in viso proteggendosi con foulard o una sciarpa (non solo d’inverno), non abusare dell’aria condizionata, evitare di bere bevande troppo calde o troppo fredde, evitare il contatto tra cibi troppo caldi o freddi e la zona dolorante aiutandosi ad esempio con una cannuccia in caso di cibi liquidi.

Se viene rilevato che la nevralgia ai denti è direttamente collegata alla nevralgia del trigemino, anche l’alimentazione va controllata in modo da assicurare al corpo il giusto apporto di sali minerali e magnesio evitando fumo, alcol e caffè.

 

Ecco illustrati i migliori rimedi della nonna per combattere i dolori lievi da nevralgia! Ad ogni modo, qualora questo fastidio non si risolva e se i dolori diventino molto forti, medico deve essere il principale punto di riferimento.

Fonte: https://www.salutarmente.it/rimedi/nevralgia-denti

MEDICINA ESTETICA: NUOVE OPPORTUNITA’ PER L’ODONTOIATRA

Orientamenti e disposizioni normative

In questo blog tratteremo dei cambiamenti e novità previste per gli odontoiatri illustrate nel Decreto Bollette pubblicato il 30 marzo 2023 in Gazzetta Ufficiale e operative da maggio 2023.

Parliamo del Decreto Legge approvato dal Consiglio Dei Ministri, il quale ha allargato il campo d’azione dei dentisti nel campo estetico poiché prevede che i professionisti della cura dei denti possano effettuare anche le attività di medicina estetica non invasiva o mininvasiva per specifiche parti del viso. Vediamo nel dettaglio.

Questo il testo dell’Articolo 15 ter pubblicato in Gazzetta Ufficiale: 

“Alla legge 24 luglio 1985, n. 409, sono apportate le seguenti modificazioni:

  1. a) all’articolo 2, secondo comma, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «l’odontoiatra può esercitare le attività di medicina estetica non invasiva o mininvasiva al terzo superiore, terzo medio e terzo inferiore del viso».”

 

Riportiamo, quindi, il testo completo dell’Articolo 2 della legge 24 luglio 1985, n. 409:

Art. 2.: “Formano oggetto della professione di odontoiatra le attività inerenti alla diagnosi ed alla terapia delle malattie ed anomalie congenite ed acquisite dei denti, della bocca, delle mascelle e dei relativi tessuti, nonché alla prevenzione ed alla riabilitazione odontoiatriche.
Gli odontoiatri possono prescrivere tutti i medicamenti necessari all’esercizio della loro professione e possono esercitare le attività di medicina estetica non invasiva o mininvasiva al terzo superiore, terzo medio e terzo inferiore del viso (4).
________________________________________

(4) Comma così modificato dall’art. 15-ter, comma 4, lett. a), D.L. 30 marzo 2023, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 maggio 2023, n. 56.”

Cosa cambia, quindi?

Nello studio di un odontoiatra era già possibile eseguire dei micro interventi estetici ma con precisi limiti. I dentisti potevano, infatti, intervenire sia sulla parte centrale che su quella inferiore del viso, che comprende bocca, naso e zigomi. Il nuovo decreto amplia l’area d’intervento e con la nuova misura si potranno levigare sia le parti attorno alle labbra e sia la fronte e le palpebre presso gli studi odontoiatrici.

 

Nello specifico, prima dell’introduzione del Decreto Bollette i dentisti in possesso di una laurea in medicina e una successiva specializzazione in odontoiatria potevano praticare tutti i trattamenti di medicina estetica, mentre i laureati in odontoiatria avevano precisi limiti stabiliti dalla legge. A questo proposito, il Consiglio Superiore di Sanità aveva stabilito, infatti, che gli odontoiatri potevano effettuare le sole terapie che avessero finalità estetiche correlate alle cure dentali e trattamenti estetici limitati alle zone perilabiali (intorno alle labbra) e dei mascellari inferiore e superiore fino all’area sottozigomatica; un’altra limitazione era rappresentata dalle tipologie di materiali da loro utilizzati negli interventi di medicina estetica.

“L’ampliamento all’intero volto delle zone di competenza dell’odontoiatra per quanto riguarda gli interventi di medicina estetica, apre un nuovo mondo di intendere l’odontoiatria. Perché denti e sorriso incidono sull’estetica del viso, ma è anche vero che migliorare labbra, zigomi ed altre parti del viso migliorano il sorriso del paziente. Fisicamente e moralmente.”*

*Michele Cassetta (medico chirurgo, odontoiatra, responsabile scientifico Corso MEO Medicina Estetica Odontoiatrica) in occasione di un colloquio con il direttore di Odontoiatria33.

Cosa si intende con “attività di medicina estetica mininvasiva?”

Tra gli interventi di medicina estetica che più di frequente si incontrano nella routine odontoiatrica troviamo: migliorare il gummy smile, un mento retroposizionato, un profilo piatto o un mascellare appiattito, e naturalmente tutte le correzioni di forma e volume delle labbra. Con l’ampliamento all’intero volto degli ambiti di intervento dell’odontoiatra in medicina estetica si sono creati dei dibattiti su alcuni temi, tra cui quello degli interventi specifici che potranno essere praticati dagli odontoiatri, in attesa di chiarimenti sulla questione “mininvasività”.

La dottoressa Milvia Di Gioia, odontoiatra, professoressa presso il Master di Medicina e Terapie Estetiche del viso dell’Università di Camerino e Torino, ha fornito diverse opinioni su quali siano gli interventi possibili da parte dell’odontoiatra:

“Direi tutte le terapie non chirurgiche per l’armonizzazione del viso e del sorriso. Con l’impiego di un filler, un dispositivo medico di classe III ad impianto cutaneo o sottocutaneo che apporta volume, o della tossina botulinica, un farmaco ad effetto miomodulatore, solo per citare le due tecniche più diffuse, l’odontoiatra aumenta il potenziale di strumenti terapeutici a propria disposizione per trattare efficacemente, e in maniera mininvasiva le disarmonie estetiche del viso”.

Per quanto riguarda le eventuali limitazioni sull’utilizzo dei farmaci utilizzati in medicina estetica ed in particolare della tossina botulinica, la dottoressa spiega:

“Occorre […] rifarci alla legge 409/85, dove il legislatore indica chiaramente che gli odontoiatri possono prescrivere tutti i medicamenti necessari all’esercizio della loro professione. Nello specifico, la tossina botulinica è un farmaco che viene usato in medicina estetica per ridurre la visibilità delle rughe dinamiche in quanto agisce ottenendo una paralisi flaccida delle fibre muscolari inoculate. È impiegato da lungo tempo in medicina, e più recentemente, con indicazioni specificamente estetiche, autorizzato soltanto per le rughe glabellari, della fronte e perioculari.”

 

 Si conclude, quindi, che le nuove disposizioni aumentano il raggio di azione per gli odontoiatri ma ampliano anche le possibilità da parte dei pazienti che, per ritocchi estetici al viso, potranno rivolgersi al chirurgo estetico, plastico o al dentista, scegliendo il medico di fiducia che preferiscono in base alle loro preferenze.

Fonti

https://www.gazzettaufficiale.it/

https://www.odontoiatria33.it/

https://www.partitaiva.it/dentisti-medicina-estetica/

Il compito del dentifricio non è solo quello di lucidare i denti, deve anche saper rimuove i batteri responsabili della placca dentale.

Molti dentifrici contengono detergenti che creano un’azione schiumogena per eliminare meglio le particelle alimentari e la placca dentale. Possono avere anche ingredienti abrasivi che aumentano l’efficacia della pulizia; i rinfrescanti sono aggiunti comunemente per dare una sensazione di freschezza alla bocca e all’alito, e dare un po’ di sapore alla pasta che sarebbe del tutto neutra.

Esistono, ovviamente, dentifrici di diverso tipo, a seconda della necessità e del bisogno specifico di ciascuno, ad esempio: dentifrici sbiancanti, che rimuovono le macchie dei denti e danno un effetto brillantante o dentifrici antitartaro, che aiutano a prevenire l’accumulo del tartaro dentale.

Poi vi sono dentifrici specificamente formulati con più fluoro che aiutano a rinforzare i denti contro la formazione delle carie, li remineralizza contro l’attacco degli acidi e rendono l’alito fresco.

 

Ecco elencati qui di seguito alcuni dei migliori dentifrici in commercio:

Betope Dentifricio sbiancante al carbone di cocco attivo: pulizia intensiva per rimuovere le macchie

Il carbone attivo di cocco di cui si compone questo dentifricio risulta maggiormente in grado di assorbire le macchie dalla superficie del dente. È adatto per chi ha denti sensibili e previene l’alitosi, grazie alla sua componente di menta fresca.

Lucida i denti senza graffiarli proteggendo lo smalto e migliora la salute delle gengive, il sorriso e dona risultati in tempi rapidi.

Idefair Dentifricio sbiancante al carbone attivo: detergente multiuso

Questo dentifricio al carbone attivo di bambù svolge la sua principale azione come sbiancante. Previene le infiammazioni orali e viene spesso consigliato per trattare le ulcere orali e le gengive sanguinanti, oltre che per curare per quanto poco tutte le comuni malattie orali.

Maybeau Dentifricio sbiancante al carbone di legna di bambù: per tutti i tipi di denti

Questo dentifricio al carbone di bambù ha una forte capacità di assorbimento, effetto utile per rimuovere tutti i tipi di macchie di tabacco, macchie di tè, macchie fumo, lasciando i denti puliti senza danneggiare lo smalto.

E’ uno dei dentifrici che aiutano anche a prevenire la carie.

Regenerate Dentifricio per rigenerare lo smalto dentale: agisce sugli stadi dell’erosione

Questo dentifricio dalla formulazione avanzata, inverte l’erosione dello smalto dentale: l’82% dello smalto è rigenerato in 3 giorni, rigenera lo smalto e la sua microdurezza con gli stessi minerali di cui sono composti i denti. Il suo obiettivo è quello di ripristinare il bianco naturale dei denti, dunque protegge molto bene i denti ed il sorriso.

Zane Hellas Dentifricio per la protezione dello smalto dentale: azione a lungo termine all’olio di origano

Ideale per chi vuole avere un sorriso bianco. L’azione dell’olio essenziale di origano con altre erbe naturali e xilitolo e sorbitolo possono aiutare a preservare lo smalto, ridurre la placca, le gengiviti, la secchezza della bocca e vi aiutano a mantenere la salute orale nel modo più ottimale.

Optima Dentifricio per denti sensibili e gengive delicate 3 pezzistabilizza il pH del cavo orale

A base di aloe vera in gel e altri ingredienti naturali, questo dentifricio speciale è in grado di equilibrare il pH del cavo orale per almeno cinque ore fra un’applicazione e l’altra. In questo modo protegge i denti dall’attacco degli acidi, da alito cattivo, gengivite, carie, pigmentazione dentale.

Dentifricio Mentadent Maximum Protection
Il migliore per: azione filo interdentale

Grazie alla tecnologia MicroPure, consente di avere una bocca più pulita, fresca e dall’aspetto più sano. Durante lo spazzolamento, la sua formula antiplacca si distribuisce all’interno di tutta la bocca dando una pulizia interdentale.

Offre dieci azioni: protegge dalla carie, rinforza le gengive, lascia i denti lisci e puliti, rinforza lo smalto, rende bianchi i denti, dona freschezza all’alito, è anti tartaro, anti batterico, per denti sensibili, azione filo interdentale.

Mentadent Denti Più Bianchi Subito
Il migliore per: effetto immediato

Grazie all’esclusiva tecnologia Blue Light, dà un effetto immediato: i denti appaiono immediatamente più bianchi dopo il primo utilizzo. Questo effetto di sbiancamento immediato è temporaneo.

Come scegliere il tipo giusto?

Per avere i denti bianchi è opportuno adottare delle buone abitudini, sia in termini di igiene orale, che di vita ordinaria (no al fumo e si ad una sana alimentazione). Certo, sarà anche fondamentale usare dentifrici sbiancanti appositi che proteggono lo smalto, facendo attenzione ad esempio se si hanno gengive sensibili o se i prodotti li usano anche i bambini.

Quanto fluoro dev’esserci?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità conferma che il fluoro svolge un ruolo cruciale nella prevenzione della carie, nei limiti ammessi dalla legge. L’eccesso di fluoro può provocare però la fluorosi, una degenerazione dello smalto dei denti. È un rischio abbastanza remoto, che riguarda principalmente i bambini sotto i 6 anni di età.

Per quanto riguarda la sicurezza del fluoro per i bambini con meno di 6 anni, la Comunità europea afferma che la concentrazione massima di fluoruro autorizzata è di 1500 ppm o 0,15%. I prodotti specifici per bambini ne contengono in genere meno (500 ppm).

Ma i bambini hanno davvero bisogno di un dentifricio specifico e più fruttato?

No. Alcuni dentifrici per bambini che troviamo in commercio non contengono abbastanza fluoro per aiutare a fermare la carie e i piccoli che si abituano ai gusti più fruttati del dentifricio poi spesso trovano difficile passare ai dentifrici che usano gli adulti. Fino ai sei anni, è bene che i bimbi utilizzino un dentifricio a bassa concentrazione di fluoro, oltre i sei anni, possono usare lo stesso dentifricio del resto della famiglia.

Fonte: www.saluteopinioni.it

Quando si parla di sensibilità dentale si intende un disturbo molto comune, caratterizzato dalla graduale esposizione della dentina, la parte più morbida e delicata del dente che si trova sotto lo smalto. La dentina presenta dei tubuli pieni di liquido che a loro volta contengono moltissime terminazioni nervose. Il dolore si presenterà  nel momento in cui la dentina risulterà essere esposta: alimenti o bevande eccessivamente caldi, freddi, dolci o acidi possono provocare uno spostamento del liquido che va a stimolare la reazione delle terminazioni nervose, con il conseguente fastidio o dolore acuto.
Come prevenire la sensibilità dentale

È molto importante parlare di prevenzione della sensibilità dentale. Ecco come prevenire, con piccoli gesti, il dolore:

  • Come prima cosa, ricordiamo di utilizzare sempre uno spazzolino appropriato, adatto al proprio sorriso. Sarà il dentista stesso, ovviamente, ad indicare al paziente la scelta migliore;
  • Non esercitare una pressione eccessiva durante lo spazzolamento, perché anche in questo modo si può causare un’usura eccessiva dello smalto;
  • Ricordarsi di lavare i denti con regolarità e di praticare una corretta igiene orale;
  • Ricordarsi di prendere appuntamento dal proprio dentista secondo gli intervalli raccomandati, per mantenere un’ottima salute dentale;
  • Usare cautela nel consumo di alimenti acidi che possono comportare l’usura dello smalto dei denti, quali succhi di frutta, vino, aceto e bibite gasate;
  • Evitare i rimedi casalinghi per lo sbiancamento dei denti.
I rimedi più efficaci per alleviare il dolore

In base alla gravità della sensibilità dentale del paziente, esistono delle terapie professionali che prevedono l’impiego di laser o più comunemente di principi attivi che contrastino l’insorgenza dell’ipersensibilità attraverso il sigillo dei tubuli dentinali: fluoruro di sodio e fluoruro stannoso da applicare sull’area interessata, nitrato di potassio in gel, fosfato di calcio, resine, adesivi e così via. A casa invece si possono utilizzare dentifrici e collutori specifici per denti sensibili a base di nitrato di potassio e fluoruro stannoso.

Gli endodontisti della SIE consigliano di attenersi a queste semplici regole:

  • Usare un dentifricio specifico per i denti sensibili;
  • Usare uno spazzolino più morbido, specifico per soggetti con denti sensibili;
  • Usare prodotti contenenti fluoro, dentifricio e collutorio, per aiutare a ridare integrità allo smalto;
  • Evitare di digrignare i denti o serrarli durante il giorno. Chiedere consiglio al proprio dentista sull’eventualità dell’uso di un byte per la notte;
  • Andare regolarmente dal dentista.

Il rischio di soffrire di sensibilità dentale si può ridurre mantenendo quanto più possibile la bocca sana, con una buona igiene orale.

Quando il disturbo si presenta, è sempre meglio rivolgersi al dentista che, oltre alle cure necessarie, può consigliare alcune semplici regole o rimedi naturali per i denti sensibili.

Gli oli essenziali sono un vero toccasana per i denti sensibili. Si possono utilizzare applicandoli sulla parte interessata, massaggiandola delicatamente, oppure per fare sciacqui e gargarismi.
Per esempio l’olio essenziale di chiodi di garofano, dell’albero del e di cannella possiedono ottime proprietà antisettiche. L’olio di cocco, essendo un agente antibatterico naturale, aiuta a ridurre la placca presente sui denti. Pure l’olio di origano è molto efficace grazie alle sue proprietà antibatteriche, anti-infiammatorie e antiossidanti.

E’ possibile poi usare collutori erboristici alla camomilla, alla malva o ai chiodi di garofano. Sono indicati come validi rimedi per i denti sensibili anche il bicarbonato di sodio, da sciogliere nell’acqua per effettuare degli sciacqui, oppure i gargarismi con due cucchiaini di sale in acqua tiepida.

Sempre come rimedio ai denti sensibili, si possono usare anche piante e spezie di vario genere:

  • La malva, da prendere sotto forma di tisane o mediante gargarismi, le cui proprietà calmanti sono in grado di attenuare i sintomi dellasensibilità dentale e svolgere un’importante azione cicatrizzante;
  • Le foglie di guava;
  • L’estratto di vaniglia;
  • L’ aloe vera, specialmente nei dentifrici;
  • La calendula;
  • L’aglio e la cipolla: il primo è un potente agente antibatterico e un anestetico naturale, mentre la cipolla contiene flavonoidi che possiedono proprietà anti-infiammatorie.

Fonte: www.dentistavomero.it, www.paginemediche.it, www.smile2impress.com

“Un giorno senza sorriso è un giorno perso”
(Charlie Chaplin)

Il sorriso, di per sé, è una forma di comunicazione non verbale attraverso la quale esprimiamo il nostro benessere, il piacere di stare con la persona che abbiamo davanti.

Secondo diversi ed approfonditi studi, la comunicazione non verbale ha un ruolo fondamentale: se solo le parole riescono a trasmettere un 7% del messaggio, tutto il resto è legato alle nostre espressioni, allo sguardo, al tono della voce e ai gesti, incluso il sorriso.

Quest’ultimo ha un significato molto importante anche se sembra essere un gesto apparentemente semplice. Il sorriso è il nostro biglietto da visita, è un elemento sia estetico, sia di natura sociale, perché rafforza i legami e dona una sensazione di benessere sia a noi che agli altri.

“Chi ride vive più a lungo”.

È proprio vero: a dimostrarlo sono state ben due università: la Wayne University negli Stati Uniti e l’Università di Trondheim (Istituto norvegese di scienza e tecnologia). Hanno analizzato ben 55.556 soggetti per 15 anni. Ne è risultato che coloro che sono in grado di cogliere il lato allegro delle cose, non solo stanno meglio in quel preciso momento, ma anche vivranno più a lungo. Ridere rallenta davvero i processi di invecchiamento e aiuta a vivere meglio.

BENEFICI DEL SORRISO

Esiste un’ampia letteratura sulla “terapia del sorriso”. Il sorriso spontaneo, incorporato in una frase, in una domanda, in un saluto, tutti piccoli gesti quotidiani, espande, con un effetto virale, un senso di serenità, di tranquillità, e dunque di benessere.

Sorridere e far sorridere, attiva risposte neurologiche molto potenti e funziona da antidepressivo e antidolorifico, stimolando persino il sistema immunitario. Genera un rilassamento muscolare.

Quando la mattina entriamo in un bar e sorridiamo al cameriere che ci prepara il caffè, all’edicolante che ci allunga i giornali, altro non facciamo che distribuire benessere ed energia.

Il rabbino e teologo tedesco Samson Raphael Hirsch, diceva una cosa tanto semplice quanto essenziale: «Un sorriso non costa nulla, ma dà tanto». E allora perché non lo regaliamo con generosità?
COME RICONOSCERE UN SORRISO FALSO?

Anche il sorriso, con la sua potenza, può essere un veicolo di ipocrisia e falsità. 

Come possiamo distinguere un sorriso vero da uno falso? Richard Wiseman, psicologo dell’università di Hertfordshire, in Gran Bretagna, ha fatto molti studi, anche sul campo, per individuare i connotati del falso sorriso. Si è conquistato così il soprannome di “detective del sorriso“. La sua conclusione è semplice: nel sorriso autentico si contraggono più muscoli facciali e ciò lo si vede nelle rughe che si formano attorno agli occhi di chi sorride. I sorrisi falsi non contraggono così tanti muscoli.

E’ IMPORTANTE PER LA NOSTRA AUTOSTIMA?

Sorridere aumenta l’autostima, ci fa sentire più sicuri di noi stessi, influenzando il modo in cui ci rapportiamo con gli altri. Essere consapevoli di poter sorridere senza imbarazzo, come fanno i bambini che sorridono alla vita e sono felici, e mostrare a tutti la bellezza del sorriso è un buon punto di partenza per il raggiungimento di piccoli e grandi traguardi di ogni giorno.

Diversi studi da parte di psicologi, hanno dimostrato come già dal primo incontro si classifica e si giudica una persona dal suo aspetto fisico. Per primo si guarda il viso, poi si passa al taglio di capelli e successivamente il resto del corpo.  La faccia è la prima cosa che guardiamo in una persona, e, quando iniziamo una conversazione ravvicinata o quando ci scambiamo un semplice sorriso, guardiamo i denti.

I denti non perfettamente allineati possono frenarci dal mostrare il nostro sorriso davanti a persone sconosciute o con cui non siamo in totale confidenza. Denti storti e irregolari comportano complessi e insicurezza. Trattenersi dal sorridere con naturalezza per paura di mostrare i denti, provoca a livello nervoso un’indecisione e ci scoraggia.

Se non credi in te stesso, è molto difficile avere un buon livello di benessere psico fisico. Ecco perché non dovremmo mai dimenticare di prenderci cura del nostro aspetto esteriore.

Lo psicologo José Elías sostiene che ridere rafforza il cuore, perché quando ridiamo muoviamo 420 muscoli del nostro corpo, tra cui appunto il cuore. Quindi imparare a ridere aiuta anche a vivere la vita in modo migliore.

Fonte: studioferman.it ; nonsprecare.it

Quando parliamo di carie dentali sappiamo che ci stiamo riferendo a una delle malattie dentali più comuni e diffuse al mondo, e soprattutto una delle principali ragioni che spingono a rivolgersi a un dentista.

Di fatto le carie sono una malattia infettiva causata da batteri che attaccano lo smalto e la dentina del dente e che possono portare a dolore, infezioni e alla perdita dei denti se non curate in modo adeguato.

In questo blog cercheremo di capire cos’è una carie, quali sono le cause e come riconoscerla.

Cos’è una carie dentale e come si crea?

La carie è una malattia dei tessuti duri del dente, causata dalla placca batterica dentale. Questa placca consiste in una pellicola bianco-giallastra presente nel cavo orale, ed è composta da batteri, residui di cibo e saliva. Quando si indurisce, la placca diventa tartaro, e può essere rimossa in modo più efficace sottoponendosi a sedute di pulizia dei denti.

Come si crea una carie? La placca, la pellicola descritta sopra, converte gli zuccheri presenti nei cibi che ingeriamo in acidi, che poi provocheranno una escavazione del dente progressiva, con la conseguente distruzione dello smalto e successivamente della dentina, se non rimossa. L’aumento della concentrazione di batteri che colpiscono il dente e lo corrodono lentamente è il risultato di una scarsa igiene orale.

Questa corrosione del dente, o cavità, è quella che chiamiamo comunemente carie. Più in particolare, le carie sono causate in grosso modo dalla dieta, soprattutto dal consumo di alimenti ricchi di zuccheri, dalla qualità dei batteri presenti nella placca e dalla mineralizzazione dello smalto e della dentina.

A queste cause vanno poi aggiunti ulteriori fattori di rischio come difetti della superficie del dente, carenza di fluoro nei denti, flusso salivare ridotto, genetica.

Quali sono i sintomi di una carie? Come si fa a capire se un dente ne è colpito? 

È importante sapere che le carie progrediscono lentamente, attaccando prima lo smalto, cioè lo strato più esterno del dente, in un lasso di tempo piuttosto lungo che può durare anche mesi. Durante questa fase solitamente non si avverte dolore, ma con il passare del tempo le carie penetrano nella dentina, cioè la parte più interna rispetto allo smalto, ed è qui che inizia a manifestarsi il dolore (o anche un’alterata sensibilità al freddo e al caldo) poiché è una parte più delicata e meno resistente.

L’ultima fase consiste nella diffusione della carie fino a raggiungere la polpa, cioè la zona più interna del dente, dove sono presenti i nervi e i vasi sanguigni. Quest’ultima è una fase molto più rapida rispetto a quelle iniziali, ed è qui che il dolore inizia a essere più intenso, fino a diventare insopportabile.

Prima di giungere a questa fase e scomoda situazione, però, ci sono sintomi e segnali che potrebbero farci capire che abbiamo una carie:

  • Inizialmente la carie si presenta come una macchia bianca dove i batteri dissolvono il calcio dello smalto;
  • Mal di denti o dolore spontaneo si verificano senza alcuna causa apparente;
  • Dolore da lieve ad acuto quando si mangia o si beve qualcosa di dolce, caldo o freddo;
  • Visibili fori o fossette nei denti;
  • Colorazione marrone, nera o bianca su qualsiasi superficie di un dente;
  • Dolore nella masticazione.

In presenza di uno o più dei presenti sintomi, si raccomanda di sottoporsi a una visita dentistica. Più in generale, però, si consiglia di eseguire un controllo periodico, in modo da individuare in modo precoce una possibile carie o altre patologie dentali e ridurre i danni.

Come si prevengono le carie?

La risposta a questa domanda è: attraverso una corretta igiene orale e un’alimentazione sana ed equilibrata.

Chiariamo che quando si parla di corretta igiene orale non si intende solo quella “fai da te” cioè il lavarsi i denti più volte al giorno, con uno spazzolino adatto, un buon dentifricio, il filo interdentale e altri supporti, ma anche e soprattutto quella eseguita da un igienista dentale.

Per questo motivo è opportuno sottoporsi periodicamente alla cosiddetta ablazione del tartaro, il quale non è altro che la solidificazione della placca batterica che provoca le carie.

Un’approfondita pulizia e la rimozione dello strato di tartaro che ricopre i denti e le gengive può prevenire in modo molto efficace la formazione delle carie ma anche molte altre patologie dentali.

Fonte: www.enfeasalute.it/carie-come-riconoscerla/

Custumer Churn rate: cos’è, come si calcola e come gestirlo

Il customer churn rate rappresenta il “tasso di abbandono dei clienti”, ovvero la cifra che indica la percentuale di acquirenti che cessa di utilizzare un prodotto/servizio nell’arco di un determinato periodo di tempo. Ma vediamo nello specifico di cosa si tratta e quali sono le sue caratteristiche.

 

Iniziamo dal principio: quali sono le cause di abbandono da parte dei clienti più ricorrenti? Possiamo elencarle in questo modo:

  • Il prezzo: il criterio più frequente al quale i consumatori/clienti fanno riferimento. È sempre più facile che un cliente si affidi ad un prodotto più economico sul mercato, soprattutto quando l’alternativa soddisfa allo stesso modo il prodotto sostitutito;
  • La scarsa qualità: un prodotto difettato o non perfettamente funzionante/prestante scoraggia l’utilizzo e non fa altro che incentivare la ricerca di alternative;
  • Una scarsa customer experience: Anche i prodotti validi possono incontrare problemi quando emergono dei limiti nei reparti marketing, vendite e soprattutto customer care.

Come si calcola il Custumer Churn rate?

 

Chiariamo che non esiste una modalità standard per descrivere il Customer Churn Rate. Oltre a “indicatore percentuale” possiamo definirlo come il numero assoluto di acquirenti persi, oppure possiamo riferirci ad un periodo specifico di riferimento nel quale si è verificata la perdita di clienti.

 

Tendenzialmente il calcolo del Churn Rate, espresso in termini percentuali, può essere subordinato a questa formula:

(clienti persi in un periodo / clienti totali a inizio periodo) /100

 

E’, quindi, fondamentale conoscere tutti gli strumenti che sono in grado di automatizzare la raccolta e l’analisi di questi dati attraverso i seguenti fattori:

 

  • Numero clienti all’inizio del dato arco temporale;
  • Numero clienti alla fine del dato arco temporale;
  • Conseguente numero dei clienti persi.

 

Per quanto riguarda la definizione dell’arco temporale, ci sono diversi aspetti da considerare: i parametri più adottati, in genere, sono su base mensile, trimestrale, quadrimestrale o annuale, anche se non sono esclusi periodi più ampi. La scelta dipende dall’arco di tempo che viene usato per misurare i parametri in ogni specifico contesto di business.

Perché il Costumer Churn Rate è importante per il business?

 

L’analisi e la comprensione del Customer Churn Rate è di fondamentale importanza principalmente perché consente di individuare le misure necessarie a contrastare fenomeni pericolosi per la sopravvivenza dell’azienda. Vediamo nel dettaglio.

Nel caso in cui si verificasse un calo di clienti, si verrebbero a collegare diversi fattori negativi:

 

  • Riduzione dei ricavi: indicato attraverso il Revenue Churn (riduzione dei ricavi); esso è un indicatore parallelo al Customer Churn Rate, che coincide con la minor disponibilità da parte dei clienti a spendere per il prodotto / servizio. Ciò accade soprattutto quando il cliente si rende conto dell’esistenza di una soluzione di prezzo inferiore che garantisce lo st esso livello di servizio.
  • Mancanza di personalizzazione: anche se un’offerta ha una buona base, potrebbe incontrare dei problemi quando i clienti si rendono conto che alcune funzioni non risultano particolarmente efficaci nel soddisfare le loro esigenze.
  • Variazione dell’offerta: sotto diversi aspetti, accontentare tutti è quasi impossibile, per cui occorre effettuare delle scelte il più possibile coerenti e consapevoli del fatto che acquisire molti nuovi clienti può generare un malcontento e il conseguente abbandono di una parte di clienti acquisiti.
  • Crescente valore dei competitor: ogni brand investe per migliorare il proprio prodotto cercando di sottrarre utenti ai propri concorrenti. Quindi, è possibile che un competitor possa introdurre sul mercato un prodotto migliore o magari più indicato a risolvere le esigenze specifiche di un nostro cliente.

Come fare, dunque, per ridurre il Costumer Churn Rate?

 

Abbiamo visto che le possibili cause dell’abbandono da parte dei clienti sono molteplici, come la velocità e qualità del servizio offerto, fluidità dell’esperienza, quantità di contenuti, prodotti e relativi dettagli per garantire una navigazione ed acquisti più consapevoli, supporto clienti pre e post vendita, ecc. Da qui capiamo che un accurato processo analitico diventa fondamentale per individuare i fattori che contribuiscono alla creazione di un Churn Rate elevato, offrendo anche delle visioni più efficaci riguardo possibili interventi e soluzioni.

Le attività cosiddette Anti Churn vengono identificate nelle seguenti modalità:

  • Ascoltare e coinvolgere i clienti (ad esempio investendo sui reparti marketing, vendite e customer care);
  • Favorire l’onboarding dei nuovi clienti: (come predisporre attività volte a confermare la fiducia dimostrata nel momento dell’acquisto);
  • Anticipare la richiesta del cliente: (svolgendo analisi frequenti ai fini di migliorare l’offerta nella direzione attesa dagli utenti finali);
  • Individuare e curare i clienti più profittevoli (ad esempio incoraggiando condizioni esclusive e strategie premiali per gli utenti più fedeli e collaborativi nel garantire feedback utili a migliorare i servizi);
  • Investire sulla qualità del prodotto/servizio (aspetto che può sembrare banale ma risulta fondamentale per soddisfare i clienti in un contesto in cui la concorrenza potrebbe rivelarsi molto aggressiva, ad esempio dal punto di vista tecnologico).

Fonte: https://www.bnova.it/analytics/churn-rate

HTTPS – Cos’è e come può influenzare l’indicizzazione su Google

Qual è la definizione tecnica di HTTPS? L’acronimo sta per HyperText Transfer Protocol over SS, il che è una variante del protocollo HTTP che impiega il livello SSL (Secure Sockets Layer) per crittografare e autenticare i dati trasmessi. Più semplicemente, l’HTTPS si occupa di proteggere i dati trasmessi dal browser, criptandoli attraverso un algoritmo matematico, per poi inviarli al server in modo quasi indecifrabile. Parliamo di una protezione molto importante che impedisce a terze parti di leggere, inserire o modificare i messaggi scambiati tra browser e server. Si tratta di un vero e proprio “scudo” indispensabile nel caso in cui un sito web invii dati sensibili o pagamenti, o ancora dati riservati legati al login.

Si capisce che adottare l’HTTPS è diventato ormai fondamentale, ma qual è la ragione? Bisogna apprendere che Google riconosce questo protocollo e lo premia dal punto di vista delle ricerche, ma anche e soprattutto dal punto di vista della sicurezza. Vediamo come:

Di fatto, Google ha iniziato a privilegiare nei ranking di ricerca i siti web con protocollo HTTPS (che quindi risultano più sicuri) e a penalizzare i siti con il protocollo HTTP, proprio per il motivo indicato prima, cioè perché essi trasmettono in chiaro le informazioni inserite dagli utenti. Inoltre, con l’uscita della nuova versione di Chrome, i siti HTTP che raccolgono dati personali, come password e numeri di carte di credito, sono segnalati all’utente come “siti non sicuri”. Così facendo, tutti i siti senza questo protocollo verranno associati ad un avviso che inviterà l’utente a non proseguire la navigazione in quanto il sito non risulti sicuro.

Vediamo ora 4 motivi per i quali è importante abilitare l’HTTPS sul proprio sito:

 

1. Favorisce l’indicizzazione

Come abbiamo detto, Google sta premiando sempre di più chi utilizza il protocollo HTTPS. Confrontando più siti, infatti, se questi mostrano risultati simili per qualità dei link, l’HTTPS può diventare un grande fattore discriminante per raggiungere la prima pagina sul motore di ricerca.

2. Sicurezza per gli utenti

Sappiamo che ormai sempre di più i siti web rischiano di essere attaccati da hacker, rischiando di essere derubati dei dati sensibili dei loro utenti. L’HTTPS e il suo livello SSL entrano gioco come “man-in-the-middle” (MITM) negli attacchi hacker e si interpongono tra l’utente e il sito per rendere più sicure e protette le informazioni di scambio. Questo protocollo diventa particolarmente importante nei siti in cui sono richiesti dati come numeri di carte di credito o credenziali per i login.

3. Velocità: la tecnologia AMP

Alcuni link si caricano molto più velocemente di altri, e spesso compaiono accanto a un’icona a forma di fulmine. Questo è perché sono pagine impostate con tecnologia AMP (Accelerated Mobile Pages). La AMP, che richiede l’SSL, è un criterio sempre più discriminante per la SEO perché Google da priorità nel proprio ranking alle pagine con questa tecnologia.

4. Mai più un sito “non sicuro”

Nei siti dove vengono richieste informazioni di login o carte di credito, Google Chrome mostra l’avviso “non sicuro” nella barra indirizzo del browser. Questo perché, ragionevolmente, molti degli utenti che acquistano online vogliono essere sicuri della protezione delle loro informazioni e alla vista di questa label di avviso è probabile che vengano indirizzati altrove.

Abbiamo visto, dunque, quanto è importante adottare il protocollo HTPPS; la sicurezza dei dati degli utenti e l’influenza sull’indicizzazione risultano fattori chiave fondamentali da conoscere e adottare per il proprio sito web.

Fonte: https://www.escagency.it/blog/https-indicizzazione-google

Cosa si intende per Inbound link e perché sono importanti?

Sappiamo che per incrementare il traffico sul sito web, una delle soluzioni più efficaci che si hanno a disposizione è ottenere un maggior numero di link. A questo proposito, definiamo che esistono diverse tipologie di link: inbound link, outbound link e internal link. Vediamo come si differenziano: Gli inbound link, quelli di cui ci occupiamo in questo blog, sono quei link presenti sulla pagina web che provengono da un altro sito; gli internal link sono link che rimandano a una pagina dello stesso sito in cui sono ospitati; gli outbound link, invece, sono link che indirizzano l’utente fuori dal nostro sito.

 

Gli inbound link e la Seo

I siti che vantano un numero elevato di inbound link possono godere di un ottimo posizionamento nei motori di ricerca, oltre ad una visibilità che può consentire di ricevere grossi volumi di utenza pertinente con le chiavi posizionate. Gli inbound link, di fatto, fanno capire ai motori di ricerca che il sito merita di essere visitato dagli utenti, che gode di una notevole popolarità e soprattutto che può essere considerato di valore e attendibile in riferimento a uno specifico tema. Si intende che maggiore è il numero di inbound link che si è in grado di ottenere da siti web di qualità elevata, migliore è il rank che il sito può ottenere nei risultati di ricerca.

Inbound link e anchor text

Come si riconosce un inbound link di qualità? Per definirlo, basta capire se proviene da un sito a sua volta autorevole, a condizione che l’anchor text (o testo di ancoraggio) venga utilizzato in modo appropriato. Il testo di ancoraggio è fondamentale per poter predisporre della visibilità sui motori di ricerca. Nella maggior parte dei casi, esso identifica la tematica della pagina a cui rimanda il collegamento. Da qui capiamo che le parole che si scelgono per l’anchor text sono di fondamentale importanza per ottenere un buon posizionamento nei motori di ricerca.

Ma, nello specifico, come si fa ad accertare il valore degli inbound link? Esistono diversi parametri ai quali si può fare riferimento per capire il valore reale degli inbound link. Innanzitutto, è importante che i contenuti dei siti da cui i link provengono abbiano attinenza con il sito che ospita quei link. Inoltre, gli inbound link devono essere caratterizzati da parole chiave coerenti con il topic del contenuto.

Quali sono le caratteristiche ideali dell’inbound link?

Innanzitutto definiamo che questi collegamenti devono essere costruttivi e devono avvenire perché chi collega un certo contenuto lo ritiene interessante e meritevole di essere sottoposto all’attenzione dei lettori. Inoltre, il sito deve essere online da tempo e deve vantare una considerevole quantità di inbound link in ingresso. È anche importante che abbia un buon volume di utenza derivato dalla visibilità organica nei motori di ricerca, perché è evidente che un sito con molti utenti può incrementare il traffico sul sito web che riceve il link.

 

Come ultima cosa chiariamo che le pagine web in cui vengono inseriti i link dovrebbero essere scansionate dai motori di ricerca con frequenza. È essenziale accertarsi che i siti che ospitano i link non presentino outbound link o inbound link con siti spam o di discutibile valore. Anche la posizione in cui un link viene inserito è importante: per un risultato ottimale, infatti, i link vanno collocati al centro del contenuto principale, tra le parole chiave rilevanti.

Fonte: https://digitalpr.store/it/inbound-link/

MEETINGWORKS MAGAZINE – NUMERO 36

E’ online il XXXVI numero gratuito della nostra rivista: “LA FOTOGRAFIA ODONTOIATRICA”.

OBIETTIVI SMART : cosa vuol dire gestire gli obiettivi con una metodologia SMART?

Gli obiettivi sono alla base di tutta la comunicazione. Tutto ciò che riguarda la strategia, execution o misurazione dipende da una corretta impostazione degli obiettivi. Gestire gli obiettivi attraverso la metodologia smart ci aiuta a costruire obiettivi più chiari e quindi più facilmente misurabili.

L’acronimo S.M.A.R.T. compare per la prima volta nel 1981 grazie a George T. Doran in uno dei suoi articoli, dove egli afferma che le caratteristiche di un obiettivo dovrebbero essere: Specific, Measurable, Assignable, Realistic, Time-related. Vedremo tra poco cosa vogliono indicare questi termini.

Un altro punto importante del suo articolo sta nella differenza tra obiettivi strategici di lungo termine e obiettivi tattici di breve termine. Sostanzialmente parliamo della differenza tra obiettivi di marketing e obiettivi di comunicazione.

Lavorare con obiettivi chiari ci aiuta a semplificare l’attività di costruzione della strategia e di reporting? Il fatto che un obiettivo diventi un obiettivo SMART, significa che rispetta alcune condizioni.

Vediamo in che modo gli obiettivi SMART portano questi vantaggi:

1. Chiarezza. Si tratta di obiettivi più facili da capire, che non nascondono alcuna possibilità di fraintendimento.

2. Metodo. Essi aiutano a delineare un metodo, a trovare la strada tra le tante alternative disponibili.

3. Successo. Aiutano nella definizione di quello che per il business funziona e quello che no.

4. Motivazione. Avere obiettivi realistici aiuta a rimanere concentrati sul risultato e quindi motivati nella realizzazione di ogni esperimento.

5. Semplificazione. Essi aiutano a capire cosa è importante e a tagliare ciò che è irrilevante per un’efficiente semplificazione della strategia di comunicazione.

Abbiamo visto come il termine SMART sia un acronimo, vediamo ora nello specifico cosa vogliono indicare tutti i cinque termini:

1. Specific (Specifico). Un obiettivo deve essere chiaramente interpretabile senza alcun fraintendimento o confusione, deve essere chiaro, specifico. Esso deve essere in grado di riassumere perfettamente quello che sta andando a misurare. Tendenzialmente, l’obiettivo specifico deve rispondere alle domande: Cosa voglio misurare? Chi è coinvoto? Quali sono le risorse necessarie?

2. Measurable (Misurabile). L’obiettivo deve dare un’idea chiara di essere vicini o lontani dal suo completamento. Esso aiuta a monitorare i progressi e a mantenere più alta la motivazione, poichè consente di avere tutto sotto controllo. In sostanza, ci dà la definizione di quella che per noi è un’attività di successo e quella che invece è un’attività che può e deve essere migliorata, solitamente è un criterio vincolato ad un numero.

3. Achievable (Raggiungibile). Un altro modo per mantenere la motivazione alta è creare obiettivi realistici e raggiungibili. È importante avere obiettivi a lungo termine ma questi, spesso, sono composti da tanti piccoli traguardi che devono essere raggiunti prima. Avere un obiettivo raggiungibile aiuta a mantenere il focus.

4. Relevant (Rilevante). L’obiettivo deve essere importante per l’azienda. Per farlo basta chiedersi se quello che si sta facendo è effettivamente un’attività importante per il business e se vale la pena dedicarci del tempo (a realizzarla e a misurarla). Questo aiuta a scremare le attività che non sono fondamentali da quelle che stanno portando più vicini all’obiettivo finale.

5. Time-bound (Definito nel tempo). Impostare correttamente un obiettivo significa anche darsi delle scadenze, quindi legarlo ad un periodo temporale definito. Questo aiuta a misurare l’andamento sul lungo periodo, a pianificare meglio le attività future e ad avere un maggior controllo sul processo e sull’andamento dell’attività.

Possiamo concludere, quindi, che per scrivere obiettivi con metodologia SMART basta attenersi alle 5 regole introdotte da Doran che abbiamo visto fino ad ora, le quali aiutano a raggiungere il successo tramite una corretta impostazione della strategia di comunicazione.

Fonte: https://blog.ofg.it/obiettivi-smart