#SOScongressiEconvegni
Un Ottobre difficile, che sferra una battuta d’arresto fatale alla Meeting Industry.
Il Dpcm dello scorso 24 Ottobre ha infatti sancito lo stop totale delle attività di tutti gli eventi, a prescindere dalla loro natura. Se fino al precedente rimaneva la possibilità di svolgere fiere internazionali, ora, nemmeno l’ombra.
Tutto va riprogrammato e rivestito con vesti digitali, ma si stima una lotta alla sopravvivenza del settore, che sta assistendo ad una perdita di circa 215.000 eventi, con conseguente calo dell’80% del fatturato delle aziende di settore. Un vero e proprio salasso.
Unica certezza: la digitalizzazione, che rattoppa la crepa della chiusura delle attività ma che non rappresenta una soluzione concreta.

La Meeting Industry italiana sta quindi vivendo una fortissima crisi, forse senza precedenti, che sta spingendo i rappresentanti di settore a manifestare a gran voce. Una manifestazione per l’industria dei congressi e dei convegni si è infatti svolta nella mattinata del 27 Ottobre, davanti a Palazzo Chigi, per protestare e svelare la forte discriminazione riservata al settore, fin dall’alba dell’emergenza sanitaria.
Ma come risulta essere lo scenario europeo per la Meeting Industry?
Lo scenario sembra essere differente da quello italiano, che finora rimane leader con l’Irlanda in materia di restrizioni, anche se la Francia si sta muovendo in questo senso e la Danimarca limita i partecipanti ad un massimo di 10.
L’Austria invece, lascia aperte le porte del settore e consente gli eventi che prevedono posti a sedere assegnati, con 1000 presenze nei luoghi chiusi e 1500 in quelli aperti.
La Spagna, nonostante lo stato di emergenza ed il coprifuoco dalle 23 alle 6, consente le riunioni ad un massimo di 6 partecipanti, ed il Portogallo sposta questo limite a cinque.
Il Belgio infine, raccomanda le attività digitali, ma consente quelle in presenza, fino a d un massimo di 40 presenze, purché vengano rispettate tutte le misure igieniche e il distanziamento sociale.

Un’industria quindi che si trova inevitabilmente in agonia e che attende soluzioni concrete, contando che le restrizioni imposte finora comprometteranno tutto il 2021 e, a tratti, il 2022.
Infine non dimentichiamo l‘importanza della ripresa degli eventi a carattere formativo, anch’essi coinvolti nella stretta, pur se indispensabili per il perfezionamento delle professionalità.
Ora più che mai lo sforzo dev’essere quindi rivolto alla tutela del diritto della salute, senza però dimenticare, il diritto al lavoro, indispensabile per evitare l’arresto dell’economia. L’industria degli eventi è infatti soggetto attivo nel Pil, con un impatto diretto di 36,2 miliardi di euro e oltre 569 mila dipendenti, per questo ci auguriamo che la soluzione a tutto ciò sia vicina e si possa tornare presto a vivere i nostri amati eventi in loco.